Analisi commentata di un recente studio che valuta gli effetti dell'uso quotidiano dell'intelligenza artificiale generativa sulle nostre capacità di esercitare il pensiero critico
AI e pensiero critico: servono nuove “palestre della mente”?
Caro Matteo,
ho letto con grande interesse il tuo approfondimento sugli effetti della GenAI sul pensiero critico. Concordo sul fatto che il modo in cui interagiamo con l’AI definirà il futuro della conoscenza e dell’autonomia intellettuale.
A tal proposito, anche se con il rischio di eccessiva semplificazione, si potrebbero categorizzare gli humans impattati dall’AI in tre categorie, a seconda del loro livello di pensiero critico e del modo in cui integrano l’AI nei loro processi cognitivi:
1️⃣ Critical humAIns – Usano l’AI come un potenziatore delle proprie capacità, ma senza rinunciare all’autonomia cognitiva. Contestualizzano, verificano, integrano e creano valore aggiunto, sviluppando un’intelligenza aumentata anziché automatizzata. Dovrebbero essere il focus delle nuove politiche educative, perché rappresentano il modello ideale per un futuro in cui l’AI sarà onnipresente.
2️⃣ Adaptive humAIns – La maggioranza delle persone rientra in questa categoria. Utilizzano l’AI in modo funzionale, come supporto operativo e strumento di apprendimento, ma senza sviluppare un controllo critico costante. Possono evolvere verso i Critical humAIns, ma senza una formazione adeguata rischiano di scivolare nella terza categoria.
3️⃣ Complacent humAIns – Coloro che delegano completamente il pensiero all’AI, accettando risposte e soluzioni senza metterle in discussione. Prioritizzano efficienza e velocità rispetto alla comprensione e alla verifica, diventando progressivamente più dipendenti dall’AI e meno autonomi nel problem-solving.
Se la rivoluzione industriale e le trasformazioni economiche successive hanno progressivamente ridotto la necessità di sforzi fisici nel lavoro quotidiano, favorendo uno stile di vita più sedentario e portando alla diffusione delle palestre per compensare questa tendenza, la rivoluzione dell’AI rischia di alleggerire il nostro carico cognitivo al punto da indebolire il pensiero critico. Forse, per contrastare questa deriva, sara’ utile creare delle “palestre della mente”? Ovvero ambienti e metodi pensati per allenare attivamente l’analisi, il ragionamento critico e l’autonomia intellettuale, evitando di diventare troppo dipendenti dall’AI.
A mio avviso, se la GenAI può portare a una riduzione dello sforzo critico, serve un cambio di paradigma nell’educazione e nella formazione, per allenare il pensiero critico come una competenza chiave nell’era AI.
Ciao Pietro, però! La tua mente è brillante almeno quanto ai tempi gloriosi di Shoreditch! (per il buongiornista il tempo sembra non passare mai, anzi :-) Mi ritrovo in pieno nella tua tripartizione, e il solo fatto di averla proposta ti assegna d'ufficio nella categoria 1. La necessità di un cambio di paradigma del sistema educativo ti confesso che è di gran lunga l'aspetto che più mi spaventa di questo gigantesco processo trasformativo in atto: francamente non riesco ad immaginare come la Politica (perché sull'educazione inevitabilmente si passa di lì, e a livello statale) possa anche solo pensare a un nuovo sistema educativo nell'era della AI (nella quale peraltro siamo già immersi). Ma visto che bisogna essere sempre e comunque ottimisti :-) sono certo che al Ministero dell'Istruzione e del Merito ci saranno un sacco di Critical humAIns di tipo 1 che presto apriranno tante palestre della mente! Scherzi a parte è un grandissimo casino questo, e se c'è qualcuno tra i lettori che insegna, ci dica la sua!
dopo ogni discontinuità gli humans hanno trovato una strada per migliorare e vivere meglio: dalla scoperta del fuoco e della ruota, dell'automobile e del volo...dal pc al cellulare...anche l'energia atomica (la sparo grossa)
Lo studio è stato fatto su "lavoratori della conoscenza", quindi su persone adulte, e già i risultati ci dicono che l'AI produce un effetto sui su di loro in termini di riduzione dell'impegno intellettuale e della capacità di risolvere problemi autonomamente, ma sarà interessante vedere i risultati di uno studio del genere sui bambini di oggi, i cui percorsi formativi saranno basati sull'AI e, probabilmente, solo su quella.
Esattamente Silvia! Credo che la sfida più difficile di coesistenza con l’intelligenza artificiale ce l’abbia proprio il sistema educativo. Soprattutto in Italia, anche se per una volta credo che da nessuna parte si possa essere tranquilli.
AI e pensiero critico: servono nuove “palestre della mente”?
Caro Matteo,
ho letto con grande interesse il tuo approfondimento sugli effetti della GenAI sul pensiero critico. Concordo sul fatto che il modo in cui interagiamo con l’AI definirà il futuro della conoscenza e dell’autonomia intellettuale.
A tal proposito, anche se con il rischio di eccessiva semplificazione, si potrebbero categorizzare gli humans impattati dall’AI in tre categorie, a seconda del loro livello di pensiero critico e del modo in cui integrano l’AI nei loro processi cognitivi:
1️⃣ Critical humAIns – Usano l’AI come un potenziatore delle proprie capacità, ma senza rinunciare all’autonomia cognitiva. Contestualizzano, verificano, integrano e creano valore aggiunto, sviluppando un’intelligenza aumentata anziché automatizzata. Dovrebbero essere il focus delle nuove politiche educative, perché rappresentano il modello ideale per un futuro in cui l’AI sarà onnipresente.
2️⃣ Adaptive humAIns – La maggioranza delle persone rientra in questa categoria. Utilizzano l’AI in modo funzionale, come supporto operativo e strumento di apprendimento, ma senza sviluppare un controllo critico costante. Possono evolvere verso i Critical humAIns, ma senza una formazione adeguata rischiano di scivolare nella terza categoria.
3️⃣ Complacent humAIns – Coloro che delegano completamente il pensiero all’AI, accettando risposte e soluzioni senza metterle in discussione. Prioritizzano efficienza e velocità rispetto alla comprensione e alla verifica, diventando progressivamente più dipendenti dall’AI e meno autonomi nel problem-solving.
Se la rivoluzione industriale e le trasformazioni economiche successive hanno progressivamente ridotto la necessità di sforzi fisici nel lavoro quotidiano, favorendo uno stile di vita più sedentario e portando alla diffusione delle palestre per compensare questa tendenza, la rivoluzione dell’AI rischia di alleggerire il nostro carico cognitivo al punto da indebolire il pensiero critico. Forse, per contrastare questa deriva, sara’ utile creare delle “palestre della mente”? Ovvero ambienti e metodi pensati per allenare attivamente l’analisi, il ragionamento critico e l’autonomia intellettuale, evitando di diventare troppo dipendenti dall’AI.
A mio avviso, se la GenAI può portare a una riduzione dello sforzo critico, serve un cambio di paradigma nell’educazione e nella formazione, per allenare il pensiero critico come una competenza chiave nell’era AI.
Che ne pensi?
A presto!
Pietro
Ciao Pietro, però! La tua mente è brillante almeno quanto ai tempi gloriosi di Shoreditch! (per il buongiornista il tempo sembra non passare mai, anzi :-) Mi ritrovo in pieno nella tua tripartizione, e il solo fatto di averla proposta ti assegna d'ufficio nella categoria 1. La necessità di un cambio di paradigma del sistema educativo ti confesso che è di gran lunga l'aspetto che più mi spaventa di questo gigantesco processo trasformativo in atto: francamente non riesco ad immaginare come la Politica (perché sull'educazione inevitabilmente si passa di lì, e a livello statale) possa anche solo pensare a un nuovo sistema educativo nell'era della AI (nella quale peraltro siamo già immersi). Ma visto che bisogna essere sempre e comunque ottimisti :-) sono certo che al Ministero dell'Istruzione e del Merito ci saranno un sacco di Critical humAIns di tipo 1 che presto apriranno tante palestre della mente! Scherzi a parte è un grandissimo casino questo, e se c'è qualcuno tra i lettori che insegna, ci dica la sua!
dopo ogni discontinuità gli humans hanno trovato una strada per migliorare e vivere meglio: dalla scoperta del fuoco e della ruota, dell'automobile e del volo...dal pc al cellulare...anche l'energia atomica (la sparo grossa)
Lo studio è stato fatto su "lavoratori della conoscenza", quindi su persone adulte, e già i risultati ci dicono che l'AI produce un effetto sui su di loro in termini di riduzione dell'impegno intellettuale e della capacità di risolvere problemi autonomamente, ma sarà interessante vedere i risultati di uno studio del genere sui bambini di oggi, i cui percorsi formativi saranno basati sull'AI e, probabilmente, solo su quella.
Esattamente Silvia! Credo che la sfida più difficile di coesistenza con l’intelligenza artificiale ce l’abbia proprio il sistema educativo. Soprattutto in Italia, anche se per una volta credo che da nessuna parte si possa essere tranquilli.